Blog indipendente di critica sugli artifizi semantici del regime. Fino a che significherà qualcosa, l’autore invoca la protezione dell’art. 21 della Costituzione Italiana.

Il muro cieco di Overton

O come l’incapacità di adottare un punto di vista più ampio sul paesaggio della realtà impedisca di comprendere la propria posizione, il proprio ruolo e perfino le proprie azioni. E di come basterebbe sporgersi un po’ dalla finestra, anche se la mamma non vuole, per scoprire in quale stanza, e di quale edificio, e di quale parte della città ci si trovi. 

13 febbraio 2023

La finestra di Overton è il nome più professionale di quello che a Sanremo, culla della neolingua italiana, chiamerebbero “principio della rana bollita”. Il cuore concettuale di entrambe le nozioni è lo stesso: una percezione parziale oppure un’introduzione di informazioni graduale e differita rendono possibile far accettare a un soggetto, o a una società, valori e norme in precedenza assolutamente inaccettabili perché distanti e contrarie alla morale più diffusa e condivisa.

Indipendentemente dal nome scelto, il processo di cui parlo è ubiquo e trasversale e presente anche a livello individuale. Ognuno di noi, in modo più o meno conscio, più o meno onesto verso se stesso e gli altri, aggiusta costantemente la soglia dei comportamenti e delle azioni che è disposto a compiere o subire. La “rana di Overton” è uno strumento creato dall’uomo e come tutti gli altri strumenti è moralmente neutro e riceve il suo “significato” morale e valore dallo scopo per cui viene utilizzato. Un po’, anzi proprio come il linguaggio, per cui ogni parola significa ciò che per cui viene usata.

Va da sé che se l’italiano medio, questa creatura mitologica metà coglione e metà cazzone e metà coglione del cazzo (sì lo so fa 3/2 ma d’altronde è questa l’eccellenza del made in Italy) comprendesse quando è oggetto, o soggetto, di uno spostamento di infisso sul muro non sarebbe italiano mediologico, e la gente non sarebbe gregge bensì persone, e tutto il banco dei demagoghi salterebbe.

LO STRUMENTO

Ma se a impadronirsi delle strumento è un uomo non medio, allora tutto può acquisire un’ampiezza e una ricchezza di sfumature in grado davvero di causare le vertigini, mentre siamo affacciati pericolosamente a quella finestra. Ma è paradossale che a dare le vertigini non sia la vista dalla finestra bensì quella attraverso il muro cieco dove una volta c’era una finestra di Overton. 

Per esempio, dietro a quel muro, scorgereste i diritti naturali, e prima in teoria inalienabili, che sono stati trasformati in concessioni o privilegi attraverso la gestione pandemica. Capireste anche perché sia assolutamente necessario insultare e aggredire chiunque a oggi si ostini a portare una mascherina.
Questa “defenestrazione simbolica” è rivolta alla mascherina come simbolo smaccatamente ostentato, e osceno, dello spostamento della finestra e del solidissimo muro di mattoni con cui si è chiuso il buco della finestra precedente. È ovvio che faccia indignare gli italiani non medi.

Le finestre di Overton si aprono e si chiudono continuamente e quotidianamente, attorno a tutti noi. Sono finestre di Overton, per esempio, la diffusione del cibo a base di insetti, l’imposizione della raccolta differenziata, le agende politiche, le campagne sull’utilizzo del denaro contante, la ridefinizione dei generi sessuali, forse perfino la Storia non è altro che un processo di ricollocazione di finestre di Overton.

Una volta compreso il funzionamento, e soprattutto la presenza pervasiva del meccanismo, diventa possibile capire come a oggi ci sia ancora qualcuno che crede che negli ultimi tre anni l’umanità sia scampata all’apocalisse portata da una malattia mortale e si sia salvata grazie a un farmaco di una multinazionale americana. Oppure che un pezzo di carta sulla bocca protegga da qualcos’altro oltre che dall’ingoiare moscerini in bicicletta. Quella gente è in mezzo alla stanza e si limita a guardare dalla finestra: e se ti trovi in una pensioncina a Rimini ma dalla stanza vedi solo le rocche di San Marino puoi anche pensare di essere nell’Osgiliath a guardare Minas Tirith.

Dopo aver blandito gli appassionati di fantasy ed essermi assicurato un bel po’ di supporto trasversale, voglio comunque chiudere in modo propositivo: come è possibile sottrarsi alla strumentalizzazione mentale data dalla finestra di Overton?
Non lo è.
Il massimo che ognuno di noi può fare è riconoscerla e non subirla passivamente. Il progresso stesso, temo, è una finestra di Overton che gradualmente viene spostata per fornire una cornice ideologica eterodeterminata al nostro sguardo: vogliono che noi si veda del mondo solo quello che è loro interesse che vediamo.
Uno spostamento di finestra avviene sempre nell’interesse di qualcuno.
Quindi, per cominciare, potresti chiederti “chi ha interesse al fatto che io veda un’influenza come una piaga mortale, o il decorso del pianeta come una catastrofe climatica incombente, o persone che si spostano dal punto A al punto B della superficie terrestre come immigranti clandestini e non esseri umani in viaggio?

Ecco, quello che bisognerebbe fare, in poche parole, è sporgersi con la testa dalla finestra e guardare cosa c’è dietro al muro che dall’interno non possiamo vedere.
E possibilmente agire in accordo, magari giungere a sentire di nuovo la brezza marina.

Wind from the Sea by Andrew Wyeth (1947)

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