Blog indipendente di critica sugli artifizi semantici del regime. Fino a che significherà qualcosa, l’autore invoca la protezione dell’art. 21 della Costituzione Italiana.

Quando al bar andavo veramente erano gli anni Novanta, e nel mio barettino di elezione c’era ancora un flipper. Di quelli che ora sono roba per collezionisti. Così mentre scrivo questo post mi sono ritrovato anche a guardare il vecchio flipper e, come un campanile di Proust, l’ho utilizzato in un’analogia. Il sistema economico italiano è un po’ come un flipper, con un gettone datoci dal barista acquistiamo tre palline di acciaio che sono come il denaro e lo immettiamo in gioco, una pallina alla volta.

Non sarà che in 2300 anni, mentre la scienza e la società compivano immensi balzi in avanti trascinando la specie umana verso la realizzazione delle sue prerogative di fratellanza, uguaglianza e giustizia e bla bla bla, non è che invece, parallelamente, l’individuo perdeva per inibizione o pigrizia le qualità fondanti determinanti il suo status di essere umano: cose tipo l’etica, la compassione, la solidarietà, la logica, l’orgoglio e il rispetto di sé e degli altri?

L’intento della woke parrebbe creare barocche istanze sociali ancorandole a minoranze e diritti talmente di nicchia da dover contestualmente anche creare una coscienza comunitaria interna e poi sfruttare le rivendicazioni della minoranza appena creata per raccogliere consenso e, posso immaginare, dirottare l’attenzione pubblica da altri temi. A me che sono semiotico questo modo di fare ricorda un’altra cosa: il mito. La funzione del mito – e anche la religione è mitologia, vale la pena ricordarlo – è quella di creare una narrazione “sopra” una verità fattuale o storica che svolga una funzione legittimante ex ante a vantaggio di un gruppo o di un’autorità nel presente. Più semplicemente, ci si procura una giustificazione per le proprie azioni facendola derivare da un menzogna su un passato abbastanza passato da non essere verificabile.

La finestra di Overton è il nome più professionale di quello che a Sanremo, culla della neolingua italiana, chiamerebbero “principio della rana bollita”. Il cuore concettuale di entrambe le nozioni è lo stesso: una percezione parziale oppure un’introduzione di informazioni graduale e differita rendono possibile far accettare a un soggetto, o a una società, valori e norme in precedenza assolutamente inaccettabili perché distanti e contrarie alla morale più diffusa e condivisa.

Questa gente vive nel merdaverso. E siccome il loro merdaverso è più grande del mio piccolo giardino segreto di dubbio e critica, il metaverso è la realtà e io un disagiato. Il problema è che la gente vota dal merdaverso, produce nel merdaverso, cresce i propri figli nel merdaverso e alle nuove generazioni insegna a vivere nel merdaverso, e il merdaverso diventa sempre più reale perché la sua espansione è a macchia d’olio, al contrario della verità che invece si rinviene tramite costosa e pericolosa esplorazione.

Qui, in mezzo a voi, c’è gente che il conto l’ha pagato rimettendoci il lavoro, la famiglia, gli amici, la posizione sociale. E queste persone, ora, credete che siano quelle garrule e sorridenti che ripartono dai vecchi clienti con nuovo entusiasmo o si ricaricano di energia riprendendo a viaggiare (e a postare sui social) oppure si dedicano al quiet quitting? Davvero nella vostra testa questa gente dovrebbe riprendere a obbedire alle vostre regole e forme come se niente fosse, come se non sapesse chi siete veramente?

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