Blog indipendente di critica sugli artifizi semantici del regime. Fino a che significherà qualcosa, l’autore invoca la protezione dell’art. 21 della Costituzione Italiana.
E invece stiamo assistendo alla costruzione una cattedrale grottesca fondata su finte aporie, cioè su problemi di facile soluzione presentati invece come insolubili associandoli a dilemmi tragici oppure a una molteplicità di soluzioni tutte egualmente valide.
C’è sempre stato, fin dal primo momento e almeno per me, qualche ingombrante elemento di mistificazione che ha allertato il mio spirito critico e stimolatomi a un approccio logico e razionale alla narrazione. Intendo dire che non sono molti gli italiani che quando Conte andò in tv ad annunciare il colpo di Stato si insospettirono per l’utilizzo di una frivola pratica social, l’hashtag #restateacasa, come strategia salvifica contro la fine del mondo. Non pretendevamo la grandeur di due shuttle nominati “Indipendenza” e “Libertà“, con un equipaggio di granatieri astronauti, ma nemmeno la pochezza di un video monetizzabile e un paio di link di affiliazione con Big Pharma e il Quarto Reich europeo.
Eppure è bastato, ha funzionato, e continua a funzionare per la maggior parte degli italiani che non riescono tuttora a penetrare la coltre della narrazione e a leggere i reali contenuti. Le statistiche sul tasso di analfabetismo funzionale della popolazione erano note da tempo ma non avevo mai, e ammetto la mia colpa, creduto che potessero essere utilizzate in modo così triviale e piegate agli scopi di un piano politico malvagio. Non avevo compreso, perché lo ritenevo impossibile, che si potesse costruire un discorso, una narrazione convincente, anzi reale, con effetti gravi e pratici sulla vita delle persone, su fondamenta inesistenti, cognitivamente traballanti, deboli come il pensiero più debole e dialetticamente solide come il testo di una canzone trap. E invece…
E invece stiamo assistendo alla costruzione una cattedrale grottesca fondata su finte aporie, cioè su problemi di facile soluzione presentati invece come insolubili associandoli a dilemmi tragici oppure a una molteplicità di soluzioni tutte egualmente valide. La Sagrada Familia di tutte le aporie è in una domanda che mi faccio da due anni:
“Non potevamo semplicemente curarci e proteggerci meglio che potevamo? Ognuno non poteva assumersi i propri rischi, personali e trasparenti, e poi ammalarsi o non, curarsi o non, guarire o non, come avevamo sempre fatto?
A questa domanda, ne sono convinto, riceverei anche ora le risposte che ho sempre ricevuto in questi due anni: “non è così semplice“, “ma cosa dici, sarebbero morte milioni di persone“, “quello che dici è inaccettabile” oppure “tu cosa avresti fatto al posto loro?“.
Ogni azione, individuale o collettiva, morale o politica, che ti ritrovi a fare sulla base di un’aporia incompresa risulterà giocoforza ambigua, inefficace e deludente. E di aporie ce ne sono, tante da farne un elenco, ragionato, che pesa come il macigno di Sisifo:
Quando me ne verranno altre, e me ne verranno, le aggiungerò. Temo però che non si possa chiedere a coloro che si trovano nella dissonanza cognitiva generata da queste aporie, di aiutarsi da soli. Né forse io stesso sono immune da un certo livello, perfino peggiore, di dissonanza, dato che sono vittima di un’aporia particolarmente fastidiosa: “Chi sorveglia i sorveglianti?”.
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